RECENSIONI
SEGNI E MEMORIE DI BORGHI LUCANI
Le opere di Anna Maria Verrastro – nelle quali l’artista predilige la tecnica mista (acquerello ritoccato con inchiostro di china), ma anche l’acrilico su tela e china su cartoncino- rappresentano il profondo legame con la sua terra, la Lucania. Acquerelli e chine in cui Anna Maria Verrastro si ispira al fascino silenzioso dei borghi, e al loro forte vissuto storico. Vicoli, viuzze, scalette di pietra, cortili, tutti rappresentati sotto un’atemporalità luminosa; sono luoghi privi di presenze umane (le rare figure sono colte quasi sempre di spalle), o intuite da qualche indizio, come i panni stesi ad asciugare, e i fiori sui davanzali.
La fotocamera, sua compagna durante viaggi e spostamenti nella regione, è lo strumento attraverso cui appunta impressioni, sensazioni, seduzioni; così la foto diventa il canovaccio di lavoro da cui partire per reinterpretare l’intuizione creativa. Nei suoi dipinti, si diceva, la presenza umana viene bandita o lasciata intuire, in altri casi si intravede quasi di soppiatto, come sagoma misteriosa ed incerta che si muove tra le case. I panni colorati, dispiegati al sole generoso del Mediterraneo, diventano guizzanti macchie cromatiche e le tende, che coprono gli usci, sono tessuti ondeggianti che celano, al di là della soglia, storie, racconti, segreti. Emerge dunque il protagonismo del paese, in un’apparente immobilità, in una fissità cronologica e temporale.
Nei vivaci acrilici quest’atmosfera di pacata solitudine è smorzata dal colore; qui affiora l’elemento onirico, nella scelta di dipingere la vegetazione con segni curvilinei e decorativi, colorandola di arancio. In qualche caso poi, è proprio la natura a prevalere, divenendo fattore pregnante al punto di soverchiare la stessa architettura umana: incolta e rigogliosa, essa diviene regina assoluta, mentre le case sono ridotte a ruderi sopraffatti dal tempo, intrecciati da fiori ed erbe che crescono sulle tegole di tetti malfermi. E’ qui che Anna Maria Verrastro muta i suoi scenari pittorici in malinconiche quinte, dolcemente disadorne, bloccate in una magica
Grazia Pastore
NELL'ATTIMO DELL'APPARIZIONE
I recenti lavori di Annamaria Verrastro presentano molteplici soggetti e un unico scenario, il paese e la campagna che lo adorna. Osservare queste tele è come affacciarsi a una finestra e, attraverso il punto di vista della pittrice, visitare quei luoghi, nella solitudine attenta e rassicurante del semplice scrutare una strada. Per questo possiamo dire che il tempo è quello del presente, non quello della memoria. Parlare di memoria potrebbe alludere all’elaborazione di un distacco, vorrebbe dire struggimento e nostalgia. Niente di tutto questo, invece.
Nei suoi quadri, Annamaria Verrastro racconta l’ombra gettata dalle vecchie case sui vicoli, il siparietto di panni stesi ad asciugare contro un cielo solcato da voli di uccelli. E tutto qui è pacifica sorpresa. Anche lo scenografico paesaggio di piante intricate e coloratissime non ha niente della solita retorica trasposizione su tela di un mondo rurale lontano nei fatti e quanto mai vivo e struggente nella memoria. Per Annamaria Verrastro vale l’attimo dell’apparizione. Il pittore non ha, per capirci, l’obbligo di cucire cultura, letteratura, memoria, esperienze condivise e per questo trascrivibili. Il pittore è un puro osservatore. È come il passeggero di una nave o di un treno che percorra quel certo itinerario per la prima volta. Non sa esattamente che cosa troverà ma sa che qualunque cosa sia per lui varrà la pena di raccontarla.
E lo farà con leggerezza, con empatia. Pensiamo alle nature morte: è come se la luce esterna si riflettesse con i suoi colori e le sue forme sul vaso rigido, dandogli forza e movimento. Possiamo immaginare che, dopo aver guardato fuori dalla finestra, l’osservatore si sia appena voltato indietro, nella stanza, e che la stanza sia pervasa dalla luce esterna di cui ha appena registrato la festosa bellezza. Nessuna enfasi, solo la godibilità dell’istante, il gioco dei colori, il puro divertimento delle forme, in uno spazio prospetticamente azzerato. Certo, a tratti i colori si scuriscono e appaiono più evidenti le sperimentazioni astratte, ma è solo una concessione al naturale volgere delle ore, al discendere del buio.
Altrove già riprendono il sopravvento forme mosse di nubi (e potrebbe anche trattarsi di un mare e delle sue spume … ), intrichi di foglie e tronchi che nascondono i tetti delle case, oppure la riconoscibile, torreggiante, struttura del palazzo vecchio o di un castello montato a guardia del paesino: tutte forme rassicuranti, asciugate e libere dai dettagli, riassunte da una pennellata luminosa e larga nell’esattezza della loro apparizione. Le finestre delle case sono morbidi profili che ricordano altarini domestici, i tetti sono una festa di rossi. Anche quello che potrebbe ricordare un castello non ha nulla della severa struttura che incombe. Se mai, appare più come un fondale dalla rassicurante presenza, su cui il vento e la sempre vivace leggerezza delle cose in movimento si limitano a danzare. Una danza dell’esistenza, nel sole e nell’attimo della sua apparizione.
Che altro, verrebbe voglia di chiedersi, se non la purezza di uno sguardo semplicemente gettato sui luoghi, con la trasparenza e l’immediatezza di un’artista che (e qui il paragone con il Doganiere Rousseau è una tentazione) non resiste al bisogno di raccontare il suo spicchio di mondo …
Cinzia Zungolo
IMMAGINI DALLO SCRIGNO DI "BORGO LOMBARDO"
Chi si dedichi alla pittura, “ogni dì non manca di disegnare qualcosa”: così avvertiva Cennino Cennini nel suo famoso “Libro dell’Arte” scritto alla fine del 1300. Facendo tesoro dell’insegnamento dell’autorevole teorico di estetica, la cui lezione resta sempre attuale pur a distanza di oltre sette secoli della prima pronuncia, Anna Maria Verrastro – forte anche delle esperienze della sua formazione professionale – privilegia il ricorso a linee e segni per trasferire sulla carta e sulla tela le sue visioni della realtà. Ad emozionarla e ad attrarla irresistibilmente sono luoghi e spaccati di umanità che si pongono come testimonianza emblematica di vita ancestrale. Ed ecco, allora, i riferimenti pressoché costanti ad ambienti che ci riportano ad un mondo delle origini di cui, per tanti aspetti, si va perdendo la memoria: sono viuzze e larghetti, archi e portali, scorci di paese talvolta accostati a significativi frammenti di natura, a padroneggiare la scena su cui si alza il sipario di una creatività di lettura immediata.
A rendere ancora più autentico il quadro d’assieme è la matrice stessa dell’artista che, originaria di Avigliano, ombelico di un irripetibile mondo contadino e artigiano, si porta dietro tutta la genuinità dell’adesione a quel complesso di valori da cui prende vita il respiro dei nostri borghi antichi. Ed acquista così maggior rilevanza l’omaggio che Anna Maria Verrastro rende alla sede del suo quotidiano impegno di educatrice: a Cancellara e al suo affascinante centro storico, il cosiddetto “Borgo Lombardo”, scrigno architettonico dominato dalla imponente mole del castello del Mille, con tutta l’eco della grande stagione federiciana che si porta dietro insieme alle tante evidenze artistiche e monumentali di stampo medievale sorte attorno.
Da questo trasporto emotivo per uno dei più affascinanti paesi di pietra lucani nasce anche la voglia di andare alla riscoperta dell’elemento umano che ne costituisce il fondamento, il sostrato primario. Ma, accanto a quello che resta il suo riferimento principale in un procedere artistico legato ad un figurativismo se vogliamo, di stampo manieristico, emergono poi altri aspetti della realtà che rendono più vario il fare. Sono quelli legati agli interventi nei quali l’immaginario prevale sul dato oggettivo, che pur costituisce la base di partenza, come nel caso delle opere sul tema specifico della natura o aventi comunque attinenza con l’ambiente rurale.
Con fantasia che entra in gioco; con l’esercizio di interiorità che finisce col diventare la linea dominante del processo creativo, ecco nascere allora lavori che ci restituiscono (tanto per citarne alcuni a titolo esemplificativo) immagini rastremate di alberi in cui l’elemento grafico appare prevalente o composizioni con covoni di grano proposti al limite dell’informale, secondo una tendenza all’astrazione che, se costantemente educata, potrebbe in futuro riservare approdi ancor più convincenti.
Franco Corrado
SERVIZIO TG3 BASILICATA
I luoghi della memoria, gli angoli della storia di un paese, i vicoli, le strade, le piazze, il borgo, sono stati sempre centrali nella pittura figurativa, ma spesso hanno rasentato, se non sconfinato, nel manierismo.
Non è il caso delle tele di Anna Maria Verrastro, la pittrice di Avigliano da sempre impegnata a trovare nei centri storici dei paesi quella ispirazione che travalica il figurativo in senso stretto e che diventa, come in questa mostra dedicata al Comune di Cancellara, centro dove insegna, sublimazione di fantasia e anche di immaginario; soprattutto negli acrilici, ma anche negli acquerelli, la realtà trova i colori del sogno e l’immaginario della memoria prevale- come scrive Franco Corrado che insieme a Cinzia Zungolo era presente in catalogo, sul dato oggettivo che pure costituisce la base di partenza.
Quell’immaginario che copre di sogno i luoghi e li fa diventare luoghi dell’anima, momento dell’attesa o del risveglio, momento della contemplazione ma anche dell’identità, e così gli angoli di Cancellara superano l’immobilismo, nella mera riproposizione su tela, per diventare ricerca di un nuovo modo di fare pittura dove l’osservazione non si ferma al reale ma si configura in una dimensione onirica che ne rappresenta la sua forza.
Oreste Lopomo